Sentenza Contrada Se non è zuppa è pan bagnato Bisogna per lo meno decidersi. Se la Corte di giustizia europea dei diritti umani, condanna i poliziotti della Diaz e assolve il poliziotto Bruno Contrada, o ha ragione sempre o ha torto sempre. Non è che possiamo decidere che ha ragione solo quando siamo d’accordo sulla sentenza promanata. Secondo la corte il concorso esterno in associazione mafiosa con cui Contrada è stato condannato dalla magistratura italiana, non era un reato “sufficientemente chiaro”. O ci si adegua a quello che Giuliano Ferrare definisce “i principi garantistici della giurisprudenza di Strasburgo”, o si decide che la Corte di Strasburgo vale solo per se stessa, anche quando si pronuncia sui fatti di Genova. Uno sforzo di obiettività è indispensabile, cosa che pure vediamo mancare da molte parti, per cui subito si corre a voler introdurre il reato di “tortura” e ci si mostra indifferenti alla definizione del reato di “concorso esterno”. Non vorremmo che la magistratura italiana non abbia voglia di mettere in discussioni alcuni suoi caposaldi che le sono stati indispensabili per definire la questione mafiosa, senza preoccuparsi di spingersi oltre agli strumenti giuridici di cui dispone. Il caso Contrada infatti si riverbera sul processo al generale Mori ed ancora di più alla trattativa Stato mafia, senza voler affrontare il caso Dell’Utri. Perché se c’è un dubbio sul reato di concorso esterno alla mafia a maggior ragione vi dovrebbe essere sul reato di “trattativa”. Anche gli americani iniziarono trattative con i comandi delle SS nel 1944 e il Comitato di Liberazione nazionale in Italia addirittura giunse ad un accordo, ma mai nessuno ha pensato che ci fosse un qualche reato. In questo caso vi sarebbe da dimostrare la collusione fra le parti, non che le parti su fossero incontrate per una qualche discussione che magari non ha portato da nessuna parte, questo per gli americani, ha ottenuto dei risultati nell’ambito dell’interesse nazionali, come avvenne con l’operato del Cln. Poi si può anche pensare come l’ex pm Antonio Ingroia, che se i fatti contestati a Contrada non fossero punibili in assenza del reato di concorso esterno l’ex capo della mobile di Palermo sarebbe stato comunque punibile per favoreggiamento. E pure l’istruttoria per favoreggiamento andava fatto. Quello che non può esser fatta è invece una giustizia per cui se non è zuppa è pan bagnato. Roma, 15 Aprile 2015 |